mercoledì 22 febbraio 2017

PER GIACOMO


Domani sarò dove mai avrei voluto essere, anche se sapevo già da qualche tempo che ci sarei stato. Insieme a tanti altri amici e colleghi parteciperò al funerale di Giacomo Pueroni. Lo scorso anno abbiamo celebrato il ventesimo anniversario dell'inizio della nostra collaborazione e spero che tutti gli altri disegnatori e amici con cui ho lavorato e gli altri sceneggiatori sui cui testi ha lavorato lui mi perdoneranno se dirò (o meglio, ribadirò) che il nostro è stato un rapporto speciale. Come dico sempre, il disegnatore non è un'estensione della mente dello sceneggiatore, ma deve interpretare e rendere propria la visione del collega.
Nel caso di Giacomo, però, la sua interpretazione era quasi sempre incredibilmente affine alla mia visione. "Quasi" sempre, perché non di rado la sua interpretazione era migliore di come io avevo immaginato la scena. Mi sono sentito dire spesso che le storie che scrivevo per lui erano fra le migliori. Ma non è vero, era lui a far sua la narrazione e a renderle così riuscite. Ci separavano appena tre anni, condividevamo molte passioni e quindi avevamo visto e letto molte cose in comune. E questo, oltre che di aiuto nel lavoro, aveva contribuito a creare un rapporto di vera e sincera amicizia.
I fumetti erano una di queste passioni e per riuscire a farli come piacevano a noi eravamo disposti a tutto. Durante la lavorazione del primo numero di Harry Moon, che entrambi consideravamo uno dei nostri migliori lavori, Giacomo ha vissuto per alcuni mesi a casa mia e di Teresa, dormendo sul nostro divano. Ci alzavamo, facevamo colazione e poi tutti al lavoro. Teresa ci ha aiutati a finire quell'albo e quindi, a lavoro concluso, Giacomo si è fermato ancora qualche settimana per aiutare a sua volta Teresa con la storia di Huntik che lei stava disegnando. E' stato un periodo di simbiosi proficua, grazie al quale le ore di lavoro filavano via con leggerezza e allegria. Non so se sia stato uno dei periodi più felici della mia o della sua vita, forse sarebbe esagerato dire una cosa simile, ma di certo è un periodo che ricorderò sempre con grande piacere e che avremmo voluto replicare.
Le tavole con cui voglio ricordare Giacomo, però, provengono da Jonathan Steele e per un motivo preciso: una delle passioni di Giacomo, un divertimento che l'ha accompagnato fino alla fine, era quello di infarcire le sue tavole di citazioni, rimandi e amici. Quando mi arrivavano le sue tavole, inevitabilmente dopo poche ore o addirittura minuti ricevevo la sua telefonata e spesso, prima ancora di chiedermi se mi erano piaciute, mi domandava se avevo riconosciuto le citazioni che aveva messo. Ne beccavo a malapena la metà, ma neanche se ne accorgeva, tanto era l'entusiasmo mentre me le elencava tutte. Così, quando un giorno decidemmo (perché lo decidemmo assieme) di ambientare la sequenza di una storia a Lucca, durante la fiera del fumetto, non gli parve vero di poterci infilare, a ragion veduta e non come semplice citazione, di tutto e di più. Compresi amici, colleghi, cosplayer, gadget, le architetture cittadine, immortalate dalla sua inseparabile macchina fotografica... Scherzando dicevamo che magari l'organizzazione ci avrebbe invitato alla edizione seguente (ovviamente nemmeno se ne accorsero!). Credo si tratti in assoluto di una delle scene che si sia divertito di più a disegnare, con la sua puntigliosa cura per i dettagli e l'ironia che ha sempre contraddistinto la sua intera e breve vita.
Davvero troppo breve. Come direbbe lui, 'fanculo!











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