mercoledì 26 ottobre 2016

DUE CHIACCHIERE CON... GIANNI SEDIOLI

AGENZIA INCANTESIMI RELOADED: DUE CHIACCHIERE CON... GIANNI SEDIOLI:  Gianni Sedioli, un uomo che ha coronato il suo sogno: disegnare Zagor. E a che cosa si può aspirare dopo aver realizzato un sogno...

DUE CHIACCHIERE CON... MARCO CHECCHETTO

AGENZIA INCANTESIMI RELOADED: DUE CHIACCHIERE CON... MARCO CHECCHETTO: Ciao, Marco. Vorrei iniziare con un tuo parer sul rapporto fra videogiochi e fumetto, visto che tu hai collaborato,come illustratore, a...

DUE CHIACCHIERE CON... COSIMO FERRI

AGENZIA INCANTESIMI RELOADED: DUE CHIACCHIERE CON... COSIMO FERRI: Ciao, Cosimo. Per prima cosa, ora che lavori per la Francia, hai nostalgia del mercato italiano? Ciao a tutti! Bella domanda. E' di...

DUE CHIACCHIERE CON... SERGIO PONCHIONE

AGENZIA INCANTESIMI RELOADED: DUE CHIACCHIERE CON... SERGIO PONCHIONE: Ciao, Sergio. E così, dopo aver cominciato a lavorare in Bonelli, essere passato per Star Comics, Coconino, Rizzoli ed essere sbarcato ...

DUE CHIACCHIERE CON... RICCARDO CROSA

AGENZIA INCANTESIMI RELOADED: DUE CHIACCHIERE CON... RICCARDO CROSA: Per rompere l'attesa fra una storia e l'altra, vi propongo, con cadenza rigorosamente irregolare, due chiacchiere con i vari au...

martedì 18 ottobre 2016

IL NUOVO MARTIN MYSTÈRE



C'era una volta Capitan Harlock, il celebre pirata dello spazio. Chiunque sia stato bambino o ragazzino alla fine degli anni Settanta lo conosce, almeno per sentito dire: all'epoca era secondo solo a Goldrake per popolarità, nell'ambito dei personaggi televisivi.
Capitan Harlock aveva la sua serie, in cui combatteva contro le mazoniane in compagnia del suo equipaggio e della sua nave. E fin qui nulla di strano.
Poi però, uno o due anni dopo, approdò sui nostri teleschermi un'altra serie creata dallo stesso autore, Leiji Matsumoto: il Galaxy Express 999. Lo stile era inconfondibile, anche se la trama appariva del tutto differente: in un'universo ricco di alieni e pianeti colonizzati, un ragazzino attraversava l'intera galassia per ottenere un corpo meccanico. Non si trattava certo della stessa ambientazione di Harlock, poteva al massimo costituirne un lontano futuro. Così, quando in una puntata apparvero il pirata dello spazio e la sua astronave, noi spettatori di allora fummo colti di sorpresa. Però a quei tempi non c'erano internet e Facebook per intavolare migliaia di discussioni su che cosa diavolo ci facesse Harlock in quell'universo, così come eravamo meno critici in fatto di incongruenze, quindi la cosa finì lì. In fondo, persino nel granitico Tex erano presenti contraddizioni che non creavano alcun problema ai lettori: in un albo appaiono le prime automobili, in un altro Tex racconta al figlio una propria avventura di gioventù svoltasi durante la Guerra Civile, in un altro ancora Tex e il figlio partecipano alla suddetta Guerra Civile... Per tacere delle storie Disney, dove il passato e persino il carattere dei personaggi mutava da storia a storia, a seconda degli autori. Potremmo dire che ci si faceva meno problemi, in fondo.

Nei decenni seguenti, chi crescendo continuò a seguire cartoni animati e fumetti giapponesi, ebbe poi modo di verificare come, per gli autori nipponici fosse normale, ogni tanto, rinnovare i propri personaggi, magari per farli conoscere a quelle nuove generazioni che li avevano solo sentiti nominare, oppure per il gusto di rinnovarli.
Esistono quindi diverse versioni di Capitan Harlock, di Mazinga, di Cyborg 009, ma anche di personaggi più recenti come Sailor Moon e Saint Seya (I Cavalieri dello Zodiaco) e altri ancora. Per la mia generazione, cresciuta con questi personaggi, è quindi abbastanza normale. E l'affetto per le versioni originali non ci impedisce di apprezzare quelle seguenti, se ben fatte.

Capitan Harlock. L'originale e la sua più recente versione.
Questa abitudine ha sicuramente avuto una forte influenza anche su di me. La mia prima serie in assoluto, "Moon Police Dpt.", apparsa su Fumo di China, è diventata anni dopo "Legione Stellare" su Zona X. E anche la serie Agenzia Incantesimi, attualmente pubblicata su Tapastic, si è distaccata (qui più per necessità che per scelta) dalla serie madre Jonathan Steele, in modo da poter essere tranquillamente letta anche da chi non ha mai sfogliato un albo di Jonathan.

Moon Police Dpt vs Legione Stellare.
Ecco perché, all'annuncio di una nuova versione (a colori) di Martin Mystère che avrebbe presentato sostanziali cambiamenti rispetto alla serie "tradizionale", non mi sono sorpreso più di tanto. E sicuramente non mi sono scandalizzato.
Al contrario di molti lettori del Detective dell'Impossibile.

Ho infatti notato come sia all'annuncio che l'apparizione delle prime anteprime abbiano suscitato perplessità e critiche, scaturite quasi da un senso di "tradimento" provato dai lettori di vecchia data. Da quel che ho letto, infatti, credo che queste lamentele siano più o meno riassumibili nella frase "perché la serie a colori deve privilegiare un pubblico nuovo invece di premiare quello affezionato che vuole il 'vero' Martin Mystère e non una copia?"

Okay, dando per scontato che raggiungere un nuovo pubblico sia vitale per una testata che intenda sopravvivere in edicola, perché per Martin non si è optato per un'operazione analoga a quella messa in atto da Boselli per Zagor un po' di anni fa? In quell'occasione, per chi non lo sapesse, gli autori aprirono un nuovo ciclo di storie sulla testata regolare, mantenendo però tutte le caratteristiche e la continuity della serie. Preferirono quindi intervenire sul respiro, sulle tematiche e sulla qualità delle storie, piuttosto che scardinare la serie. Ma in quel caso era possibile anche perché Zagor, pur essendo editorialmente più anziano, è però un personaggio giovane, senza tempo (come Tex).
Dove per "senza tempo" non s'intende collocato al di fuori di un'epoca storica (sebbene, nel caso di Zagor, sarebbe difficile stabilirla|!), quanto non soggetto al normale trascorrere degli anni. Zagor, Tex, Mister No, Tintin, l'Uomo Ragno, Superman, Flash Gordon e la maggior parte degli eroi dei fumetti sono personaggi per i quali gli anni non trascorrono, cristallizzati in un'epoca che persiste sempre identica da centinaia di albi o che si evolve attorno a loro senza influire sulle loro cellule. E' la magia dei fumetti, no?

Martin Mystère, al contrario, è un personaggio profondamente calato nell'attualità e nel mondo in cui viviamo e dalla sua nascita, sia "biologica" che editoriale, è inesorabilmente invecchiato. Pensare di riuscire a far presa su di un nuovo pubblico o di scrivere storie più dinamiche e avventurose con un personaggio dell'età di Martin sarebbe assurdo quanto pensare di girare un nuovo film di Indiana Jones con Harrison Ford.
E in fondo, sia su Zona X che sugli almanacchi, di versioni alternative del nostro Detective dell'Impossibile ne sono già apparse, ricordate?
Ecco quindi che, un po' per divertimento, un po' per dare una rinfrescata a un personaggio con più di trent'anni di avventure alle spalle, nasce la nuova versione di Martin Mystère. Più fedele alla vecchia serie e, soprattutto, al personaggio originale rispetto alla versione animata di qualche anno fa, ma sufficientemente differente per poter essere fruita anche da chi non abbia mai letto la serie del 1982. Il mio consiglio per tutti i vecchi lettori è perciò quello di recuperare lo spirito di un tempo, magari di riportare alla mente il momento in cui hanno aperto per la prima volta un albo di Martin Mystère, e di godersi serenamente con quello stesso spirito le nuove avventure e soprattutto le potenzialità che questa terza giovinezza di Martin comporta.
Anche perché, sebbene a mio giudizio la serie avrebbe dovuto distaccarsi maggiormente, per grafica e impaginazione, da un normale albo di Martin Mystère, il lavoro è davvero buono e l'albo molto godibile (ebbene sì, l'ho già letto!). Quindi i miei complimenti a tutti gli autori!
Anche se mi ha fatto un po' ridere trovare un personaggio di nome Max in un ruolo analogo a quello di Max in Jonathan Steele!



venerdì 14 ottobre 2016

DIFFERENZIARE I PERSONAGGI

Non me ne vogliano i disegnatori, se oggi "sparlo" un po' di loro, per compensare, la prossima volta parlerò male di noi sceneggiatori! Che siamo un bersaglio facile, tanto!

Sta di fatto che,per quanto bravo, ogni disegnatore segue un po' automaticamente, a volte senza nemmeno rendersene conto, dei modelli di anatomie ben definiti, sia per quanto riguarda gli uomini, ma soprattutto per le figure femminili. Il risultato è che, facilmente, i personaggi finiscono per assomigliarsi fra loro. Non tanto nei visi, quanto nelle anatomie. Succede anche ai più grandi, sia chiaro. Il bravissimo e apprezzatissimo Frank Cho, che piace molto anche a me, disegna donne fantastiche... O meglio, disegna una donna fantastica, sempre la stessa. Cambia il colore dei capelli e, qualche volta, la pettinatura, ma per il resto tutti i suoi personaggi femminili potrebbero essere il frutto di parto plurigemellare.
Ribadisco: questo non è dovuto a una reale incapacità di disegnare anatomie differenti, dato che quasi tutti i disegnatori sono perfettamente in grado di farlo. Ma quando si lavora quotidianamente al tavolo da disegno, soprattutto a ritmi un po' sostenuti, è molto facile cedere agli automatismi senza nemmeno rendersene conto. Per gli sceneggiatori è un po' l'equivalente di ricorrere spesso agli stessi espedienti narrativi.

Quattro delle tante sorelle Cho.
Infarcendo le mie storie di personaggi femminili e avendo avuto a che fare con staff composti da diversi disegnatori, so bene di che cosa parlo. Nonostante cercassi di descrivere anche i diversi tipi fisici di personaggi, due erano essenzialmente i problemi: la tendenza a deviare dal modello originario per aderire al proprio e applicare il proprio modello un po' a tutti i personaggi.

Poiché questo,come ho detto, avviene in maniera più marcata con i personaggi di sesso femminile, sia all'epoca de "La Stirpe di Elan" su Zona X che successivamente con Jonathan Steele e Agenzia Incantesimi, Teresa disegnò uno schemino che fosse d'aiuto ai disegnatori per ovviare a questo problema. L'idea l'abbiamo biecamente "rubata" agli studi per i personaggi delle varie serie di cartoni animati giapponesi che avevamo trovato sulle riviste d'animazione o sui libri d'importazione.
E devo dire è stato d'aiuto.
Può quindi essere d'aiuto, per chi disegna, ogni tanto fermarsi ed esercitarsi a differenziare le proprie tipologie di personaggi. Anche copiando figure dal vero. Più per non rischiare di cadere negli automatismi, che per una effettiva incapacità.


UN DECENNALE


Dieci anni fa incappai per caso nel fumetto di un autore che non avevo mai sentito nominare, tale Joachim Tilloca. Gli scrissi per fargli i miei complimenti e lui rispose.
In tutti questi anni ho continuato a scrivergli, non solo mail, ma anche pagine di sceneggiatura. E lui ha continuato a rispondermi, nella maggior parte dei casi con le sue tavole.
E ancora non siamo riusciti a incontrarci di persona!

giovedì 13 ottobre 2016

LAVORI SOTTOVALUTATI

Scrivere, in Italia, è uno dei mestieri più sottovalutati. Nessuno ragiona mai sul fatto che, anche dietro cinque righe può esserci tutto un lavoro di riflessione e di elaborazione.
Rimaniamo nel nostro campo, quello del fumetto. Ho sentito spesso accuse di "sfruttamento" per aver magari chiesto a un disegnatore una (breve) storia gratis, io stesso ne ho ricevute, in passato, per il progetto di Agenzia Incantesimi. A volte questa indignazione è legittima, soprattutto se qualcuno guadagna dei soldi grazie al lavoro altrui, in altre occasioni no, ma non è questo il punto.
Il punto è che a fronte di questa ragionevole alzata di scudi di fronte a certe richieste, viene invece considerato normale che quasi tutti gli articoli di critica di fumetto siano realizzati senza percepire un solo centesimo, come se scrivere un articolo (recensione, intervista o approfondimento che sia) non fosse un lavoro, non meritasse un legittimo compenso, che consentirebbe anche di pretendere dall'autore del pezzo una qualità minima, sia di forma che di contenuti.
E anche chiedere a uno sceneggiatore una storia gratis non suscita altrettanto scalpore o indignazione. Forse perché un disegno appare più tangibile e dà l'idea di richiedere molto più lavoro rispetto a un testo scritto. Che è vero, ma non del tutto vero.
Perché in effetti un disegnatore, uno veloce, impiega mezza giornata a completare una tavola (più facilmente una giornata intera) mentre una pagina di sceneggiatura la si può scrivere anche in dieci minuti, quando va bene. Sì, certo, peccato solo che fissare le parole su carta sia solo l'ultima fase del lavoro, il risultato di -a seconda dei momenti- qualche ora o anche qualche giorno di rimuginamenti, riflessioni, ripensamenti e ricerche (se si vuol far bene il proprio lavoro, s'intende!).Già, perché scrivere è una diretta espressione del pensiero, e pensare è un'attività ancora più sottovalutata!

martedì 11 ottobre 2016

LUCCA COMICS & GAMES 2016



Inutile girarci intorno o fare lunghi preamboli: le lamentele di molti fumettisti a proposito del trattamento che la più importante manifestazione dedicata (anche) ai fumetti pare riservare loro (a proposito degli accrediti e del caffè degli artisti) stanno aumentando man mano che la fiera si avvicina.
Ma il problema non è tanto lo spazio che Lucca riserva alle altre forme di intrattenimento: allargare la sfera d'interesse della manifestazione è naturale e già molte altre fiere nel mondo riservano ampi settori a questi mezzi di comunicazione. Che attirano un vasto pubblico (pagante, non dimentichiamolo), con potenzialità di interscambio e di reciproco profitto da parte di tutti, anche del fumetto.
E il problema non è nemmeno la scarsa considerazione che l'ente fieristico sembra avere per i fumettisti. O meglio, è sì un problema, ci mancherebbe, ma risolvibile. Comunicando.
Ed eccolo, quindi, il vero problema di questa fiera e di chi vi partecipa o la organizza: la mancanza di comunicazione.
Perché quello che sembra a me è che ci sia una cronica incapacità da un lato (la fiera) di prestare ascolto a chi è alla base della creazione di tanti personaggi e volumi. Peccato veniale, se sei la Fiera della Caciotta che ospita un banchetto di fumettisti il cui scopo è quello di fare ritratti ai visitatori, ma un po' più grave se ti vanti di essere la più blasonata fiera di fumetti d'Italia.
Dall'altro (i fumettisti) dietro a tante lamentele si cela un'incapacità cronica di riuscire a far concretamente sentire la propria voce, di apparire qualcosa di più di uno sparuto gruppo di ragazzotti che poi, a dispetto di tante chiacchiere, in fiera ci andranno lo stesso, quanto meno con le case editrici per cui lavorano, per cessare ogni "ostilità" fino all'imminenza della prossima edizione. In fondo si sa, a noi Italiani piace tanto lamentarci, ma poi ci adeguiamo buoni buoni alla situazione. Lo facciamo con i nostri governi, figuriamoci con una semplice fiera di giornaletti!

Ecco, queste rispettive incapacità croniche mi sembrano il vero problema.
Ora, lungi da me l'idea di evocare sindacati e associazioni, ma un senso di unità della categoria, una certa solidarietà fra autori che superasse, almeno per sostenere il bene comune, rivalità e antipatie personali, non sarebbe male. E un organo o un comitato o qualcuno all'interno dell'organizzazione di Lucca Comics & Games preposto a comunicare con editori e autori non solo per vendere loro degli stand o dei banchetti, ma per collaborare, per creare una sinergia che al tempo stesso riuscisse a dare soddisfazione ai fumettisti e lustro alla fiera sarebbe quanto meno auspicabile.
Altrimenti il mio sincero e non polemico suggerimento all'organizzazione è quello di cambiare il nome della manifestazione in un più generico Festival dell'Intrattenimento di Lucca e abbandonare ogni pretesa di evento culturale specificatamente dedicato ai fumetti.
Quanto meno ci risparmieremmo ogni anni un bel carico di polemiche!

lunedì 10 ottobre 2016

GIOIE E DOLORI DELL'AUTOPRODUZIONE


C'è stato un periodo, la cui fine è coincisa con quella dello scorso millennio, in cui il fumettista che si dedicava all'autoproduzione era inevitabilmente identificato come un autore alle prime armi, in attesa di essere “scoperto” da qualche editore che gli avrebbe consentito il salto di qualità all'interno della schiera dei professionisti regolarmente retribuiti. Anche Leo Ortolani, la più eclatante di queste eroiche figure, ha seguito questo percorso, costituendo per molto tempo un vero e proprio modello per centinaia di altri giovani artisti.
Ma quella era un'altra epoca: quella dei pessimi ciclostilati, dei costi di stampa proibitivi e della difficoltà di diffusione.


Negli ultimi anni, grazie a internet e all'abbattimento dei costi di stampa, la situazione è radicalmente mutata. Oggi la rete consente di divulgare i frutti del proprio lavoro raggiungendo, potenzialmente, un vastissimo pubblico. E nel caso si opti invece per la cara, vecchia carta, le moderne tecniche di stampa non solo consentono di stampare a basso costo svariate centinaia (o anche migliaia) di copie, ma la qualità di queste pubblicazioni è ormai pari a quella dei cataloghi d'arte.
In breve, la differenza non la fanno più (tanto) i soldi a disposizione, quanto il talento e le competenze degli autori.
Questa evoluzione tecnologica ha di conseguenza mutato anche la concezione del fumettista “indipendente”, non più solamente un aspirante professionista, ma sempre più spesso un imprenditore di se stesso. Questi autori non sono più così ansiosi di rinunciare ai propri progetti per lavorare sotto vari editori (che, al contempo, sono sempre meno in grado di corrispondere un compenso degno di questo nome), ma hanno trasformato l'autoproduzione da passaggio quasi obbligato a scelta professionale, in grado di ripagarli con soddisfazioni e, perché no? Anche soldi!
Il che non vieta loro di concedere ad alcuni editori la possibilità di stampare in volume le loro opere, beneficiando così di una migliore distribuzione nelle fumetterie e di una coperture delle spese per la stampa e per la presenza nelle varie fiere, ma senza interrompere la loro attività di indipendenti.


Qualche nome? Ormai non c'è che l'imbarazzo della scelta. Luigi "Bigio" Cecchi (Drizzit), Manu Tonini (Deficients & Dragons), Mirka Andolfo (Sacro/Profano, ma Mirka è ormai lanciatissima anche come disegnatrice in America), Zerocalcare, Giulia Adragna (MissHall), Liana Recchione (Risenfall), Lorenzo Ghetti (To be continued), Tiziana De Piero (FidanzatoVampiro), Elisa Pocetta (Hi/Lo), Claudio Avella (Demon's Daughter), Cristiana leone (Sunken), Riccardo LoGiudice (PoseYdon), Lorenzo Maglianesi (The Quest) e tanti, tanti, davvero tanti altri autori di fumetti che stanno affollando la rete, le fiere e le librerie con una vitalità che spesso manca nelle pubblicazioni “tradizionali”.


Persino alcuni affermati autori stanno cominciando ad affiancare all'attività più strettamente professionale incursioni nell'autoproduzione per poter pubblicare i propri fumetti liberi da qualunque vincolo. Oltre al sottoscritto, con Agenzia Incantesimi, i primi nomi che vengono in mente sono quelli di Manuela Soriani e il collettivo AWE (Samsara), Francesca Da Sacco (Monsters), Emanuele Tenderini (Lumina). Un numero ancora ristretto, per ovvie ragioni: un autore già affermato non solo incontra meno difficoltà a trovare un editore (che lo paghi) per i suoi progetti, ma tende anche a essere più diffidente verso un “sistema” nuovo, nato e sviluppatosi quando lui aveva ormai seguito un altro percorso di formazione.


Ma qui termina il discorso elegiaco ed entusiasta. Perché il titolo di questo "pezzo" cita gioie e dolori e finora si è parlato solamente delle gioie. Ora, purtroppo, è il momento dei dolori!

Partiamo da quelli "tecnici": la contropartita della libertà è il lavoro. Molto lavoro. Più di quanto si possa immaginare. Perché scrivere e disegnare il fumetto è solo una parte dell'impegno necessario. Se si desidera che qualcuno legga il frutto delle proprie fatiche (a parte amici e parenti!), occorre pubblicizzarlo, farlo conoscere. E in quel vasto oceano che è internet, pubblicare su Facebook un annuncio o creare una pagina non è sufficiente. Dieci secondi dopo il vostro post sarà stato sommerso da un centinaio di altri post e sarà già sparito. Il lavoro di marketing è fondamentale e occorre saperlo fare bene: fidatevi dell'esperienza di uno che è abbastanza negato in questo campo! Non bisogna, come il sottoscritto, temere di rompere le scatole ai propri contatti, ma “martellare” quotidianamente con immagini, vignette, notizie, annunci o semplici commenti. Creare tormentoni, “meme”, tenere costantemente desta l'attenzione verso il proprio fumetto, invogliare la gente a controllare la vostra pagina per vedere se ci sono novità. Su tutti i principali social network. E' davvero un secondo lavoro che porterà via tempo ed energie, ma è necessario. Se il fumetto è valido e riesce a intercettare un certo pubblico, dopo un po' (un annetto o due) si verrà a creare un circolo virtuoso che compenserà gli sforzi, ma non per questo ci si potrà rilassare: senza essere martellanti come nella fase iniziale, l'opera di promozione dovrà comunque proseguire perché la “magia” non si esaurisca.


Ma quello della promozione non è il solo problema che deve affrontare chi si dedica all'autoproduzione. Ce n'è un secondo, ben più importante, di cui però in molti non si rendono nemmeno conto: la crescita artistica e professionale.
Dedicarsi all'autoproduzione, infatti, significa confrontarsi unicamente con due entità: se stessi e il pubblico. E nessuno dei due rappresenta un critico oggettivo.
Il pubblico, infatti, generalmente o apprezza il fumetto e lo segue, magari anche commentando, ma limitandosi a esprimere il proprio apprezzamento, oppure non lo apprezza e semplicemente non lo segue, senza stare a indicare le ragioni del suo disappunto. D'altro canto, un autore difficilmente riesce a individuare da solo i propri limiti.



Piccolo inciso:
Quando scriviamo o disegniamo, la nostra mente segue dei "percorsi" che si sono creati e consolidati col tempo. Strade sicure e conosciute che ci semplificano il lavoro e soprattutto ci evitano di affrontare gli ostacoli, preferendo aggirarli. Si tratta di un meccanismo inconscio, di cui siamo ben poco consapevoli, ma che ci porta a scavare sempre di più il solco di questi percorsi, e più passa il tempo, più sarà difficile uscirne. Finiamo così per evitare puntualmente di disegnare certe situazioni, per sbagliare sempre la stessa prospettiva o lo stesso scorcio del braccio, oppure per incanalarci sempre negli stessi schemi narrativi. Senza rendercene conto. Con la conseguenza che non affrontiamo mai ostacoli e difficoltà, non superiamo i nostri limiti e finiamo così con il rallentare la nostra crescita artistica, commettendo sempre gli stessi errori o limitando le nostre potenzialità.
Solo una cosa può darci una scossa e farci deviare da questi percorsi abituali, obbligandoci ad affrontare i nostri limiti: una voce esterna.
Nell'editoria, questa voce appartiene solitamente a un editor o all'editore stesso, ma può essere anche molto utile il (sincero e impietoso) parere di altri colleghi. E' la ragione per cui io cerco sempre di far leggere tutto quel che scrivo a qualcuno per una seconda opinione.
Fine dell'inciso.


L'autore indipendente raramente avrà a che fare con un editor. Il che può essere un male minore quando si tratti di un autore di esperienza, che quindi ha già affrontato questa fase, ma è sicuramente un grosso problema per il giovane talento, che si trova nel pieno della sua formazione artistica. Attenzione: questo non significa in assoluto che non sarà capace di migliorare e di ragionare sul proprio lavoro, ma questa crescita solitaria sarà più lenta e difficoltosa.


E veniamo infine all'ultimo inconveniente dell'autoproduzione, che però non dipende dagli autori o dai loro fumetti, perché si tratta di puro e semplice pregiudizio.
Come ho detto all'inizio, fino ad alcuni anni fa l'autoproduzione era sinonimo di dilettantismo e chi la portava avanti era considerato (all'epoca giustamente, va detto) un aspirante "professionista". Il problema è che le cose cambiano più rapidamente delle mentalità. E quanto più rapidi sono i mutamenti, tanto più chi era abituato a una situazione precedente fa fatica ad adeguarsi. Così può capitare che molti fumettisti di una certa età ancora oggi guardino con un briciolo di supponenza o di compatimento chi si dedica all'autoproduzione e non si affida a un editore. Per paradossale che possa apparire, essere pubblicati dal più scalcinato, cialtrone e magari truffaldino degli editori, agli occhi di queste persone, è comunque più gratificante e professionale che autoprodursi o pubblicare su internet.
Intendiamoci, per fortuna non sono in molti a pensarla così, però può capitare di imbattersi in qualcuno che, magari senza nemmeno volerlo, sferri un diretto alla vostra autostima facendovi sentire "autori di serie B". Quindi siate consapevoli che non è così e non fatevi influenzare da eventuali simili atteggiamenti.
La fiducia in se stessi (fondamentale!) è come l'acqua per le piante: mai poca e mai troppa!


Alla fine di tutto questo discorso non ci starebbe male un capitolo sul crowdfunding, ma di quello, magari, ne parlerò un'altra volta!


Ah, quasi dimenticavo: ad eccezione dell'ultima, tutte le immagini presenti in questo articolo sono state distribuite nel testo con un ordine puramente causale!




venerdì 7 ottobre 2016

IL CLUB DEL MARKETING


L'evoluzione insegna che bisogna sapersi adattare per sopravvivere. Vale anche nel lavoro, soprattutto in campo artistico (e quello dei fumetti lo è, nonostante in tanti lo neghino!). Se è vero che sarà la Storia a determinare che cosa rimarrà e che cosa verrà dimenticato, che cosa sarà considerato davvero un capolavoro fra trenta, quaranta o cento anni, è altrettanto vero che chi lavora in questo campo oggi deve darsi da fare per sopravvivere e raggiungere il più vasto pubblico possibile.
Se siete bravi a promuovere le vostre opere, se disponete già di un vasto pubblico e ogni volta che pubblicate una vignetta una massa di groupie urlanti alza i cartelli con le lettere che formano la parola "capolavoro", vuol dire che avete fatto un ottimo lavoro a livello di marketing.

Se invece, come il sottoscritto, in fatto di promozione e marketing siete quelli che una volta venivano definiti "delle schiappe", allora la vita si fa decisamente dura! Poiché sono uno di quei sostenitori della teoria secondo cui "l'unione fa la forza", il mio consiglio è quello di mettere in piedi un vero e proprio club del marketing. Ovvero, mettetevi d'accordo con altri autori che si trovano più o meno nelle vostre stesse condizioni e sostenetevi a vicenda, rimbalzando sulle vostre pagine Facebook i relativi annunci e immagini. Non abbiate paura di rubarvi i lettori a vicenda, se a qualcuno piace il vostro fumetto non rinuncerà a leggerlo per seguirne un altro, visto che è tutto gratuito. In compenso scoprire altri titoli interessanti attraverso di voi lo stimolerà a tenere costantemente d'occhio la vostra pagina.